martedì 27 ottobre 2009

Dell'irrequietudine e del sangue

I gatti sono irrequieti. Alternano istanti di fermento ad altri di calma sospesa. Interpretano, conoscono - in questi giorni tremendi e oscuri che precedono il Soffio.
Il cane attende, mi osserva, percepisce il mio nervosismo.
Perché sono nervosa, sì - e distruttiva. Mi trattengo a stento, non sopporto nulla.
Mi rifugio, bestia scontrosa, nel rapporto coi miei famigli, gli unici che siano in grado di interagire con me senza irritarmi.
Devo prepararmi. Sopra ogni cosa, devo fare silenzio e ascoltare. I segnali sono impercettibili, ma innegabili...



(Devo s a n g u i n a r e se voglio tornare a essere feconda.)

[...] Ma venne l’urlo,
fra le montagne.
Il grido eterno
della donna che partorì sulle rocce
dando alla luce
un piccolo essere

che non piangeva.

Preferisti
la sofferenza indicibile
delle sue viscere,
il volo delle aquile,
il passo delle capre
sui terreni scoscesi.
L’amasti subito
perché era gigantesca,
immobile e non conosceva altro
che il fluire del sangue
fra le sue gambe.

Rimasi io sola,
ad aspettare il terremoto,
la folata,
il singhiozzo,
a contare gli spettri
che si agitano

in eterno

dopo il mezzogiorno.

1 commento:

Lamia ha detto...

Il sangue...
Ah, quanto siamo simili cara Canidia!
Anche la piccola gatta che veglia sul mio sonno è irrequieta. Attende, sospira, osserva l'orizzonte ed il mare agitato.
Come me.

In attesa...

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