domenica 28 dicembre 2008

Corrispondenze

«La Nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parfois sortir de confuses paroles;
L’homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l’observent avec des regards familiars.
Comme de long échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les pafums, les couleurs et les sons se répondent.
Il est des parfums frais comme des chairs d’enfants,
Doux comme del hautbois, verts comme les prairies,
- Et d’autres, corrompus, riches et triomphants,
Ayant l’expansion des choses infinies,
Comme l’ambre, le musc, le benjoin et l’encens,
Qui chantent les transports de l’esprit et des sens.»

Charles Baudelaire, Correspondences

Lei chiama, giorno dopo giorno. Non può farne a meno - così come la maggior parte degli Uomini non può fare a meno di ignorarLa.
Coloro che non odono e che non sanno sono morti mentre respirano, rinnovano la fine ad ogni alba e ad ogni amplesso.
Chi ascolta, chi riesce a udire, oltre il frastuono, la voce della Signora che chiama

(fra lo stormire delle foglie e l'abbaiare dei cani alla Luna,
nel silenzio greve dell'inverno e nelle serate tiepide di primavera,
lungo i sentieri che si perdono nei boschi, a ridosso delle colline,
dove donne bizzarre calcavano la polvere a piedi nudi, borbottando preghiere e maledizioni,
parlando col vento,
danzando con i conigli)

invece, vedrà schiudersi di fronte al proprio sguardo incredulo la Foresta dei Simboli, dei Richiami, delle immagini che si ripetono, degli echi che sfidano il tempo e i secoli.
Non vi è mai capitato di sentirvi predestinate. Non vi è mai capitato di sentire (e sapere) che il sangue caldo che vi scorre nelle vene è antico quanto la Terra - e forte, come la Terra.
E' linfa, il vostro sangue; e ha un corso impetuoso, che vi trasporta indietro, giù, lungo le radici dell'Albero, simile a un torrente in piena, capace di spezzare gli argini e travolgere la piccolezza del quotidiano.
Siete più che donne.
Siete streghe.
Avete cavalcato folli nelle notti d'agosto, sulla groppa di un grosso gatto o di un montone. Se aprite il palmo e vi annusate la mano, potete ancora sentire l'odore del pelo del vostro famiglio.

Gli animali, sì. Loro conoscono e vedono. Condividono con noi un segreto vecchio quanto il mondo: me lo ripeto ogni volta che, nelle serate di equinozio o di solstizio, il gatto mi chiede con insistenza di uscire e il cane fa avanti e indietro, inquieto, davanti alla porta d'ingresso.
La sentono camminare per la campagna, col suo strascico di polvere.
Quando posso La seguo. Quando ho troppo freddo (o troppa paura) mi limito ad ascoltarne i racconti.
A volte sono gli alberi a sussurrare in Sua vece. Altre volte è il fuoco, che al contempo mi ammonisce e aspetta sempre che io torni a casa - in ogni senso.
Altre ancora il Suo canto è nel vento, nella nebbia che attraverso la mattina, nel barbagianni che si solleva in volo di colpo, nella notte, illuminato dalla luce della mia torcia. Ascolto il suo grido, gli rispondo col silenzio.
Vado alla ricerca di segnali, di indizi, symbola: ogni volta che ne raccolgo uno, sul mio sentiero, si rafforzano la mia convinzione e la mia appartenenza, la mia testardaggine da melagrana.


Fotografia © Cristiano

martedì 23 dicembre 2008

Inverno - Parte II

Pochi giorni fa, una mia collega, parlando di un torto da lei stessa subìto e per il quale dovrà ricorrere a vie legali, ha detto: «Ho trovato un avvocato civilista bravissimo, specializzato nelle cause intentate dai soggetti più deboli, come le donne sole...».
Io non mi sono mai sentita un "soggetto debole"; né in passato, quando ero effettivamente sola, né oggi, che ho un compagno.
Non hai mai preteso di essere difesa da nessuno, perciò oggi non lo chiedo a *lui*.
Rivendico per me la testardaggine di tante donne, lontane nel tempo o nello spazio.
Rivendico la forza di quelle donne-streghe che a lungo hanno lottato, passando alla storia - oppure smarrendosi nell'oblio della memoria.

Oggi non è stata una bella giornata.
Nonostante la positività con cui avevo cominciato ad affrontare il freddo dell'inverno, questa mattina mi sono arrivate due brutte notizie - di quelle che tolgono il fiato.
Non starò a dilungarmi, non voglio assomigliare a un romanzo di Dickens: la parte dell'eroina lacrimevole non mi si addice.
Dico solo che potevo aspettarmelo: il periodo che va da Calenda alla Candelora ha sempre avuto per me un sapore nefasto.
E' come se le tenebre tentassero di soffocarmi: ogni anno la stessa sensazione di angoscia.
Devo affrontarla a muso duro, se voglio uscirne.

Ecco, allora, che quella forza tutta femminile, magica, stregonesca

(quella forza che ho sempre saputo di possedere e che, tutto sommato, è il lato buono del mio carattere bizzoso)

torna a essere utile - indispensabile per sopravvivere.

Non so essere diversa, non so essere altro che questo fascio di nervi pronto allo scatto.
Verso qualche lacrima, ma non mi dichiaro sconfitta. Non lo farò ancora per molti anni. Fino a quando non dirò, come oggi ha detto mio nonno: «Sono stanca di essere stanca».

Fino ad allora tenderò forte le mie mani e le braccia, per far diradare le tenebre; e riderò, canterò, farò ironia a voce alta, per rendere meno intollerabile il peso del silenzio.

E' una promessa.

sabato 6 dicembre 2008

Inverno - Parte I

- Inverno - Parte I

Sono molto stanca, in questo periodo. Le giornate brevi, la nebbia che sale fin dalle prime ore del mattino e che trasforma il paesaggio in un limbo, uscire di casa col buio e tornare che è ancora più buio - e freddo.
Sarà per questo che al mattino faccio sempre più fatica ad alzarmi e che la sera andrei volentieri a letto alle nove, se solo non dovessi preparare la cena e mangiare.
Sarà per questo che mi è sempre più difficile occuparmi delle mie passioni: la scrittura, lo studio, la gestione del sito e del blog...
Sono latitante e inaffidabile, me ne rendo conto; ma confido che andrà meglio con la bella stagione. Del resto, la primavera non ha mai deluso le mie aspettative.

(E ci penso spesso, in queste giornate di neve e di gelo, al sole d'aprile, alle colline assolate, al profumo dell'erba e della terra rigogliosa... Ci penso più di quanto sia ragionevole fare, rischiando di ammalarmi di nostalgia.)

Eppure...
Eppure sono grata, a questa stanchezza e a tutti gli impegni di lavoro cui sono costretta a tener fede (adesso, mi sono arrivati altri due contratti: uno per il biennio integrato e uno per l'apprendimento dell'italiano da parte di studenti extracomunitari: così, lavorerò anche il sabato mattina): perché in questo modo la mia mente è impegnata e non bada troppo al Generale Inverno e alla malinconia che ha sempre suscitato in me. Non ho tempo, per la tristezza. E va benissimo così.

E poi quest'anno mi sembra che vada decisamente meglio: questo sarà il primo Natale che io e *lui* trascorriamo insieme nella nostra casa e mi sono scoperta più serena di quanto non fossi in passato. Questa mattina ho persino acquistato alcune decorazioni per il nostro nuovo albero...
Decisamente insolito, da parte mia.

lunedì 3 novembre 2008

Della magia: il ponte fra due mondi

La magia è il superamento o l'estensione di una barriera che appare invalicabile per i comuni mortali e che per la strega (o il mago) diventa - con l'acquisizione della Conoscenza - un velo sottile che può essere sollevato.
Nel caso della stregoneria vera e propria (la forma più antica e viscerale di magia: quella delle maghe terribili della Tessaglia, di Canidia e di Sagana, per intenderci) si tratta dell'abbattimento della barriera che separa i vivi dai morti.
Nel caso della magia naturale, invece, è una vera e propria "estensione" dei confini dell'essere umano, che giunge a possedere e comandare l'intero creato.

Secondo il pensiero magico l'universo è un gigantesco organismo umano e l'uomo ne è la piccola immagine, una replica in miniatura. Essendo egli stesso una rappresentazione dell'universo (sia pure in scala ridotta) mediante un processo di espansione spirituale l'uomo può misticamente estendere il suo essere fino a coprire l'intero creato, sottomettendolo al suo volere.
(C. Gatto Trocchi, La magia, Newton Compton, Roma 1994, p. 43)

Lo stesso accade per la magia cerimoniale e per quella celeste di Marsilio Ficino e Cornelio Agrippa, che si rivolge al cielo e alla sua intelligenza: in entrambi i casi, chi pratica la magia diventa tramite tra la dimensione dell'in-conoscibile e l'universo razionale.
(Nel caso della magia cerimoniale il trait d'union riguarda il tipo di linguaggio utilizzato, quello simbolico. Anche in questo caso, il rimando dall'oggetto al suo simbolo, da A a B, necessita di un viaggio interiore, di uno spostamento dall'alto verso il basso e viceversa, per potersi realizzare.)
Per questi (e per altri motivi) io sostengo che le streghe (in qualtià di messaggere provenienti dalla dimensione dell'ou-topia, cioè del "non-luogo") non siano poi così lontani dagli angeli della tradizione giudaico-cristiana.
Il concetto base è la capacità (e la volontà, nel caso di chi pratica scientemente la magia) di fare da tramite fra due mondi che non potrebbero avere altrimenti nessun contatto.


Malvisi, Erinni, olio su tavola 80x60

mercoledì 15 ottobre 2008

Domani partirò per la Sicilia. Tornerò la prossima settimana. Nel frattempo, vi affido blog, sito e forum.
A risentirci presto!

sabato 4 ottobre 2008

Le streghe di Verrua Savoia

«[...] Ma il luogo prediletto dell'adunanza o sabba era su di un tratto di strada sorretto da un robusto parapetto in pietra, detto appunto ponte delle streghe, il quale collegava la frazione di Sivrasco coi casolari di Longagnano, dopo la discesa detta della Valassa, ai piedi del colle Papa. Qui, con mezzi di locomozione assai rudimentali, pervenivano le streghe di tutto il circondario, tra lo squittire lugubre delle civette e il latrato insistente dei cani, sfogando le proprie ire sui malcapitati passanti. Esse si libravano in alto prima di raggiungere il luogo della tregenda, sul quale scendevano sghignazzando all'appuntamento demoniaco. Altre, invece, attraverso il fitto della boscaglia, salivano la stretta gola del famigerato ponte, indi si univano alla ridda frenetica del "gregge" indemoniato. I contadini impauriti non osavano avvicinarsi, ma udivano da lontano gli schiamazzi e i belati disumani, mentre il caprone scivolava lungo i sentieri tortuosi della collina, accovacciandosi con gesti lascivi sulle giogaie della tenebra. [...]
In tali circostanze, si racconta che una famiglia dimorante nei casolari del Vallone veniva continuamente minacciata da fenomeni strani e oscuri. In particolare, il frumento custodito in un apposito vano, si mischiava inspiegabilmente con la segala e la biada, provocando un immane lavoro di cernita per non disperdere il frutto di un'annata di lavoro. Attorno alla cascina, spesso si sollevava un insolito vento che trascinava le foglie secche dell'adiacente boschetto sulle colture dei campi danneggiando i raccolti. Talvolta pareva che si accanisse in modo violento fino a seppellire gli ultimi ortaggi dell'autunno; altre volte si diradava morendo lontano. Lo sgomento e l'inquietudine di tutti questi episodi spinsero il capo famiglia a cercare un rimedio. Si consultò con una persona che "aveva studiato", la quale gli consigliò di cospargere la sua dimora con acqua benedetta, avendo l'accortezza di tenerne sempre un flacone in tasca, quale "arma" da utilizzare contro una certa capra che si aggirava nottetempo sul ponte delle streghe. L'occasione si presentò qualche giorno dopo, allorché il proprietario del citato cascinale rincasò poco prima dell'alb, avendo dovuto vegliare presso l'abitazione di un parente appena deceduto nella frazione di Sivrasco. Il buio era fitto. [...] Vi era un non so che di staccato dalla realtà quotidiana che metteva angoscia e paura; allora affrettò un poco il passo involontariamente, quindi, accortosi della premura, quasi fosse incalzato da forze misteriose, rallentò risolutamente, indignato dal tremore che gli sussultava dentro, pieno di sprezzo contro la sua viltà. [...] Quando giunse in prossimità del famoso ponte, scorse da lontano uno spirito malefico che si muoveva furtivo, emettendo risate e belati inauditi. Superato il panico iniziale, si scostò dalla strada e risalì la china del bosco, insinuandosi fra la fitta boscaglia che si stringeva tutt'intorno, rendendogli disagevole il cammino. Poi la vegetazione cedette lentamente a un confuso ammasso di ginestre che costeggiava la radura, da dove egli poteva scorgere quell'essere demoniaco a pochi metri di distanza. Raccogliendo tutte le sue forze, intrise la corda con l'acqua benedetta, indi si scagliò contro cercando di infilargli il laccio al collo. La lotta si scatenò furibonda, ma a poco a poco la "bestia" si mostrò sempre più impotente e alla fine cedette. Essa venne trascinata in una stalla e legata attorno alla mangiatoia. Allo spuntar del mattino, in virtù di chissà quale sortilegio, la capra si era tramutata in una donna ben nota e conosciuta.»

Testimonianza di Teresa Omegna (1851-1950), raccolta nel 1948 e riportata da Mario Ogliaro in La fortezza di Verrua Savoia nella storia del Piemonte, Libreria Mongiano Editrice, Crescentino 1999, p. 362-363.

F. Goya, Incantation

lunedì 15 settembre 2008

La melagrana

Ti nutro con chicchi di melograno
perché torni a sanguinare il mio grembo
e a tremare la terra
al ripetersi
ossessionato delle mie lacrime.

Sono io la Grande Malata
io la donna che non può
più
sentire dolore...

(E.M.)

S. Dalì, Le rose sanguinanti (1930)

(Lo aspetto, questo Equinozio, con un'ansia che mai ho provato - per nessuna delle Feste dell'Oscurità. Una parte di me acclama la Rinascita, nel buio e nel silenzio - com'è stato all'inizio. L'altra parte, al contrario, recalcitra impaurita, smarrita di fronte alle inezie del quotidiano, del futuro, di "Ciò Che Deve Essere Programmato". Ma io so che sarà la prima ad avere la meglio - una volta tanto.)

domenica 7 settembre 2008

Del mese di settembre

Sono tornata a casa già da parecchio, ma mi sono mancati il tempo e la voglia di scrivere su queste pagine.
Le montagne erano meravigliose e io e Cri ci siamo comportati da coscienziosi viandanti.
Del resto, arrampicarsi lungo i sentieri d'alta quota, per poi giungere - con quel particolare sobbalzo al cuore - alla meta tanto ambita sono sensazioni che valgono la pena di faticare, di sentire le gambe indolenzite e la pelle bruciare al sole.
In più, durante il soggiorno in Valle d'Aosta, ho raccolto parecchi racconti e leggende, che sto trascrivendo in questi giorni sul mio quadernetto (e sul sito). Storie di vallate infestate da spiriti malevoli, di streghe più o meno pericolose, di animali bizzarri e lupi mannari. Nonostante la vicinanza geografica, sono molto diverse da quelle piemontesi: vi si leggono l'asperità della terra e la rigidità dei lunghi inverni, il freddo della notte, le insidie dei sentieri scoscesi.

Ci pensavo la sera, passeggiando lungo il torrente: quelli erano i luoghi del loup garu, delle fate bizzose capaci di tramutarsi in serpenti... Fino al secolo scorso, fino a soli cinquant'anni fa, la popolazione del luogo era ancora completamente immersa in questo mondo aspro e magico al tempo stesso. Ora, invece, non sappiamo più ascoltare, non sappiamo più meravigliarci, non sappiamo più trattenere il fiato sospeso per un fruscìo nella notte...

Il Gran Paradiso visto dai casolari dell'Herbetet (foto di Canidia)

Il ritorno alla vita quotidiana è stato meno riposante di quel che mi aspettassi: avevo creduto di poter fare ancora qualche giorno di vacanza prima di tornare al lavoro, invece io e Cri abbiamo finito per metterci a tinteggiare le due facciate di casa. Un lavoro faticoso, ma necessario. Non ne potevamo più dell'intonaco che sfioriva e dei ragni che si ostinanavano a fare il nido sopra la nostra porta d'ingresso.
La Casa dei Ranocchi ha cambiato faccia, assomiglia sempre meno a una vecchia bisbetica e inizia ad apprezzare la vivacità dei colori e la fragranza dei fiori. L'ho sempre detto io, che era solo questione di tempo...

Il primo di settembre ho ricominciato a lavorare.
Sono sempre in Comune, con un nuovo contratto valido per ben trenta giorni, che forse verrà rinnovato fino a Natale.
La vita dei precari è avventurosa e io cerco di non pensarci troppo visto che, oltretutto, il 17 di questo mese mi laureo. Cerco di non pensare troppo neppure a questo, altrimenti rischio di affogare.
Ma, certo, a volte ci penso. Appena appena, quel tanto che basta per restare agganciata alla realtà.
Per tanti anni l'argomento "università" è stato il tasto debole, il nervo scoperto da non stuzzicare. E adesso...
Adesso la laurea.
La fine dell'università e di tutti i miei patemi.
Che fossi testarda lo sapevo; ma senza Cri (senza la sua fiducia incessante nelle mie possibilità: a tutti i costi e senza mai vacillare...) non ce l'avrei mai fatta.
Che cosa cambierà, dal 17 settembre? Nella mia vita poco o nulla.
Ma nella mia testa sarà una gran baldoria.

sabato 2 agosto 2008

Nera strega delle montagne

Ovvero: della partenza di Canidia - finalmente.

Ci sono luoghi diversi da quelli in cui siamo nati e cresciuti, ai quali, tuttavia, apparteniamo, nel senso più profondo e inspiegabile del termine.
Chiamatela "voce del destino".
Chiamateli "ricordi di vite precedenti".
Io non so (davvero, non lo so) da che cosa dipenda questo attaccamento a luoghi lontani o estranei.
Per quel che mi riguarda, mi sento a casa in Grecia (paese meraviglioso di luce abbacinante) - dove conto di ritornare la prossima primavera.
E mi sento a casa nei boschi della Val d'Aosta, quelli del maestoso massiccio del Gran Paradiso.
E' lì che sto per tornare.
Partirò domani.
I sentieri mi chiamano. La Nera Strega dagli abiti scuri e la Canidia-bambina (quella a cui mai, per anni, ho saputo dare un nome e che ora, invece, mi pare così familiare) reclamano la mia presenza.
Là, dove potrò rigenerarmi e tornare a essere completamente me stessa.
Senza debolezze.
Senza compromessi.

Buon viaggio a chi parte, buona permanenza a chi resta.
Ci sentiamo più avanti, non so dirvi con esattezza quando.



L'erba di S. Antonio e il torrente Lauson, a Valnontey, lo scorso anno.
Foto di Canidia.

domenica 27 luglio 2008

La Chiesa dichiara guerra ai blogger

Dopo la lettera aperta (vergognosa) al giornale locale della mia città per protestare sul fatto che Valentina (la ragazza suicidatasi dopo uno stupro: ne avrete sentito parlare anche in tv) avesse ricevuto dal parroco di Casale Monferrato regolari funerali cristiani; dopo l'anestesista che si rifiuta di praticare l'iniezione di antidolorifico a una donna che sta abortendo perché "obiettore di coscienza"; dopo la storia allucinante di Cristina, a cui viene impedito il soggiorno in un agriturismo perché "viaggia sola, mentre noi, qui, accettiamo solo famiglie" (!!!)...

... dopo tutto questo arriva, a confermare - caso mai ce ne fosse bisogno - la sterzata bigotto-destrorsa in corso nel nostro povero Paese, la guerra ai blogger che si azzardano a esprimere dissenso verso il Papa e il Vaticano.
Ricordate un certo bannerino molto diffuso sui blog di persone critiche verso la politica del Vaticano, in cui compariva Paparatzinger con un ghigno stampato sul volto e la scritta: "Il Papa condanna questo sito?". Bene, dietro segnalazione della Curia alla Polizia, questo banner è stato rimosso dal Web.



Qui trovate l'articolo sulla vicenda, scritto dal realizzatore stesso del famoso "Papa-banner".

Ho poi approfondito la questione Papabanner censurato con la polizia (il ritardo è dovuto alla mia difficoltà nel collegarmi). Vengono fuori due cose, una rassicurante, una inquietante. La prima è che non c’è una vera denuncia come mi era stato detto, ma solo la minaccia di una possibile azione legale, ovvero qualcuno ha contattato la polizia e gli ha detto che avrebbe potuto procedere se la cosa non rientrava. La questione inquietante è che io pensavo che a farlo fosse stato uno di quei mitomani senza nulla da fare se non venire ad insultarmi sul blog. Invece si tratta della Chiesa stessa. Esatto. Questo spiega molte cose, come ad esempio il perché la polizia non li ha mandati al diavolo per questa sciocchezza.

La polizia postale mi ha detto che non c’è una vera denuncia, ma che “esponenti della Curia” li hanno contattati manifestando il loro disappunto ed eventualmente dichiarandosi pronti a denunciarmi. Così la polizia ha avvisato il servizio di web hosting che ha prontamente bloccato tutto.

Perciò sulla mia testa pende la minaccia della denuncia della Chiesa. Il motivo? Sembra diffamatorio che il Papa scomunichi siti che parlano di temi laici e atei. Anime candide. Non era abbastanza chiara l’ironia: pensano che io tenti surretizziamente di far passare la falsa informazione che il Papa abbia DAVVERO scomunicato il mio blog. Chissà quanti gonzi ci sono là fuori che pensano: “ehi, il Papa ha scomunicato il blog di un signor Nessuno!”.

Ma visto che mi piace assumere, anche solo per amor di retorica, che nessuno sia così stupido, vediamola sotto un altro rispetto: forse che il problema non sia magari la DIFFUSIONE del banner? Ci sono più di 500 siti che l’hanno esposto e ricevo ogni settimana nuove adesioni. Sono onorato che la cosa li abbia disturbati. Perciò è facile: si contatta la polizia e gli si dice: “questa cosa non ci garba”, quelli lo dicono al web hosting: “guardate che la Chiesa potrebbe denunciare un vostro cliente” e quegli altri bloccano subito tutto, non sia mai che finiscano anche loro nelle grinfie di Bagnasco. Semplice. L’autore è un povero studente spiantato che ha fatto una ragazzata, lo si intimorisce e la smette, il banner poi ormai è scomparso.

Tutto vero. Era una ragazzata. Però queste cose mi fanno uscire dai gangheri: l’arroganza dell’intimidazione (“figurati se questo ha i soldi per pagarsi un avvocato e rischiare il processo”) e la censura della libertà di espressione.

Il poliziotto mi ha detto che non succederà nulla se le cose rimangono come adesso, ma che io sono libero di rimettere il banner, sapendo però che c’è qualcuno che potrebbe denunciarmi per questo. Questa non è proprio censura in effetti, ma un modo tutto italiano di ottenere lo stesso risultato: non è che ti impediamo di fare una cosa, tu la puoi fare, ma sappi che se lo fai dovrai vedertela con gente molto più potente di te che, magari anche a torto, può vincere in tribunale perché si può permettere dei buoni avvocati.

Sposterò i banner su un server americano, li renderò a prova di “ambiguità”, darò al banner una pagina tutta sua fuori da questo blog (se la merita) e scriverò a tutti i siti che si schierano dalla parte dei laici e a quelli che combattono per la libertà di espressione. Non che mi aspetti assistenza giuridica, non sono un martire e questo non è un grande caso. Ma mi basta il passaparola e l’indignazione di quanta più gente è possibile. Sono sicuro che se avessi il sostegno (anche solo verbale) di molte associazioni gli passerebbe la voglia di intimidirmi.

Per questo, se voleste segnalarmi nei commenti a questo post qualunque sito/associazione che difende i diritti d’espressione e la libertà di parola (o qualunque sito in generale pensate possa essere interessato a questo caso), sarò lieto di mandare anche a loro una copia della lettera che sto preparando con la mia storia.

E qui trovate il post sul blog di Narciso, che ha segnalato la vicenda (grazie!!) e fornisce qualche indicazione in più sul caso. Fate girare la voce il più possibile, in modo da dimostrare al Vaticano e alle nostre solerti forze dell'ordine che non riusciranno a metterci a tacere tanto facilmente: è una vergogna!!!

venerdì 18 luglio 2008

Mustéria

I culti misterici si svolgevano in Attica sempre di notte, durante la luna calante.
Nella tenebra più completa, quindi - densa come solo la notte dell'antichità lontana (priva dell'abbaglio che caratterizza i moderni centri abitati) poteva essere.
Il termine "mistero" deriva da mùstes, "iniziato" e dal verbo muéo, "iniziare". Quest'ultimo, a sua volta, deriva da mùo, "chiudere gli occhi".
La connessione fra conoscenza e cecità, impossibilità a vedere, è fin da subito evidente.
Gli iniziati ai Misteri Eleusini nella notte chiudevano gli occhi: così incominciava il loro viaggio, a ritroso nell'interiorità e avanti, verso la dimensione dell'ou-topia, di ciò che non può essere compreso, se non pagando un prezzo molto alto: la vista umana.


Oper your eyes, di © Scott Austin

Sono ciechi infatti i grandi sapienti, i poeti in-vasati, ciechi gli indovini. Per i Greci, la conoscenza passa attraverso lo sguardo e lo trasfigura. Chi vuole conoscere (e vedere) resta abbagliato, irrimediabilmente. E' una cicatrice, un marchio impresso nella retina.
Per questo, secondo Esiodo, i rituali misterici sono «terribili a vedersi» (Le Opere e i Giorni, 756).
E per questo Pindaro scrive:

Felice chi entra sotto la terra dopo aver visto quelle cose: conosce la fine della vita, conosce anche il principio dato da Zeus. (Fr. 137)

La dimensione femminile "ctonia", generatrice e distruttrice (alfa e omega), è la verità che non può essere svelata, se non in determinate circostanze. In questo senso il gesto simbolico del "chiudere gli occhi" da parte dell'iniziato (gesto che richiama da vicino, in un ripetersi devoto, l'atto di indossare il velo compiuto da Ctonie, nel mito raccontato nel post precedente) risulta particolarmente significativo: è l'incipit che apre la strada, il cammino circolare che conduce alla risoluzione - e dunque la fine.

mercoledì 9 luglio 2008

Mater edax

Racconta un mito arcaico tramandato da Feracide che Zàs (= Zeus) e Ctonie celebrarono le loro nozze e che, nel giorno del loro sposalizio, Zàs regalò alla dea un grande velo, su cui erano ricamati la Terra e l'Oceano, invitandola a indossarlo. Ctonie accettò e si coprì col manto.

Il gesto di Ctonie, il suo velarsi allo sguardo del mondo creato è l'unico modo per fare conoscere agli uomini ciò che per natura è inconoscibile.
Zàs sposa Ctonie, dea terrena - o, meglio, sotterranea - che, dopo aver ricevuto il dono del marito, diventa semplicemente Gea, la Terra, la superficie, che tutti possono vedere e comprendere.

La profondità invisibile di Ctonie è la verità delle cose, che possiamo leggere [solo] attraverso il velo di Zàs. (R. Peregalli, La corazza ricamata - I Greci e l'invisibile, Bompiani, Milano 2008, p. 34).


Marina Abramovic, The tree

L'uomo, in quanto tale, non può che osservare la superficie delle cose e limitarsi a intuire la dimensione abissale del divino.
Divino che è un principio non ascrivibile al cielo o alla luminosità rassicurante di un compenso promesso (paradisiaco), bensì all'oscurità sotterranea della mater edax - principio che divora, tritura, inghiotte per poi rigenerare.
La verità di Ctonie (e della donna, in generale, se si pensa con quanto sforzo e tenacia gli uomini abbiano, nei secoli, tentato di opprimere, domare, addomersticare le loro compagne di vita) è troppo grande e terribile, per essere accettato. E così il sottosuolo si trasforma nella terra prolifica, la dea potente (che richiede un tributo di sangue, per poter generare ancora e ancora) trasfigurata nella solare dea delle messi.
Ctonie (unica dea) è l'abisso che si spalanca, di fronte alla fragilità umana. E' la vagina dentata, il volto nero, la danza sfrenata... L'uomo non può fissarne il volto meduseo, pena la morte. Per questo Ctonie si copre, affinché i figli nati dalla sua unione col Cielo possano intuire, se non possedere.

martedì 24 giugno 2008

Le streghe delle colline

Ora che è scoppiato il caldo, ora che l'aria è tornata a farsi pesante di quell'umidità che noi piemontesi ben conosciamo, per quanto spossata dall'afa, osservo il paesaggio con affetto e riconoscenza, come se fossi tornata a casa dopo un lungo viaggio.

In questa terra i racconti che parlano di strij, fantasmi e misteriose apparizioni sono numerosi, a volte terribili e tutti hanno il sapore della terra grassa, dell'acqua piovana, dei campi deserti nel mezzogiorno.
Si sussurrava, nelle stalle, che fosse poco saggio piantare tre alberi di noce sullo stesso terreno, perché sarebbe potuto diventare il luogo prediletto per i convegni delle fattucchiere. Qualcun altro, a quel punto, ricordava di essere stato costretto a far benedire il proprio albero di fichi, perché di notte, accanto alla pianta, erano solite passarci le streghe, per recarsi ai loro convegni coi diaulon.
Camminano, le streghe. Battono paesi e campagne. Si nascondono fra i rami degli alberi (sono anche quelli "alberi della vita?"). E si trasformano. Possono assumere sembianze animali, diventare pianta, sasso, oggetto pericoloso, pronto a ferire e mutilare. Come scriveva Apuleio nel suo Asino d'Oro, in questo ambiente impregnato di magia antica, tutto può apparire diverso diverso da ciò che è in realtà. Specie nei momenti di passaggio e transizione: le ore più calde del giorno, quando la mente e la vista (nel riverbero della luce intensa, accecante) possono confondersi - e la notte, quando l'oscurità rende uniforme la campagna e paurosi quei sentieri che vengono percorsi quotidianamente.

E' allora che le streghe si muovono, che vanno in giro a raccogliere erbe, gettare sortilegi su coloro che le osteggiano, rapire bambini: ognuna ha la sua peculiarità. Malevole o malinconiche, vecchie o giovani, reali o immaginate. Alcune sono donne la cui identità è storicamente attestata, tramandata di bocca in bocca nel corso degli anni. Altre sono semplici leggende, presenze evanescenti al pari dei fantasmi - ma più sanguigne e inquietanti, come solo la voce roca della Terra può esserlo.
Si deve aver paura, ad attraversare la campagna da soli.
Io stessa ho provato quella sensazione, nei caldi pomeriggi d'estate, quando il "demone meridiano" è in agguato.
Restare in piedi, immobili, di fronte a un sentiero deserto, a un prato o un campo assolati e dire a se stessi: «Vai avanti, adesso. Prosegui, non potrà accaderti nulla». E' semplice. Eppure il cuore ha rallentato i suoi battiti e un brivido - leggero, ma innegabile - corre lungo la schiena. Che cosa ci sarà dietro la curva, oltre quell'albero di gelso, fra i filari delle vigne. Cosa, fra queste colline...


Foto di Cristiano

mercoledì 21 maggio 2008

Angizia

Dea osca (gli Oschi erano una popolazione pre-romana, che occupava il territorio dell’attuale Campania) della guarigione, a metà strada fra la divinità vera e propria e la maga.
Poteva uccidere i serpenti con il solo tocco della mano e i suoi rimedi contro il morso di queste creature erano infallibili. Il suo nome deriverebbe proprio da questa sua peculiarità: anguis, in latino, significa per l’appunto “serpente”.

Le notizie mitologiche sul suo conto sono veramente esigue. E’ probabile che i Romani la identificassero con Bona Dea.

Silio Italico, nelle sue Punicae, così ne parla:

Angitia, figlia di Eeta, per prima scoprì le male erbe,
così dicono, e maneggiava da padrona
i veleni e traeva giù la luna dal cielo;
con le grida i fiumi tratteneva e,
chiamandole, spogliava i monti delle selve.


Da notare che l’immagine della fattucchiera potente, capace di dominare con le proprie arti perfino gli astri è un topos ricorrente nella letteratura greco-latina.

William Smith, nel suo Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology ipotizza che la prima origine di questa divinità sia da rintracciare in Grecia: Angizia sarebbe stato il nome dato dai Marsi (popolazione italica che viveva nella zona del lago Fucino, in Abruzzo) a Medea.


Il tempio di Angizia
Immagine © Tempo per vivere

Il santuario di Angizia era collocato sulle rive della Conca del Fucino: gli abitanti della zona, secondo la tradizione, avrebbero ereditato dalla "magadea" la capacità di produrre ottimi antidoti contro il veleno dei serpenti.


Immagine © Thaliatook.com

martedì 13 maggio 2008

Via la polvere e le ragnatele...

... apriamo le finestre per fare entrare un po' d'aria fresca.
Questo blog ne ha bisogno, abbandonato com'è ormai da due mesi a se stesso.
Finalmente ho la connessione a casa e potrò tornare a lavorare al sito, ai blog - a tutti i miei progetti, insomma.
Fa uno strano effetto scrivere da qui, da questa stanzetta in cui regna il caos perché "lo studio" (come lo chiamiamo pretenziosamente io e Cri) è ancora tutto da sistemare: mancano il lampadario, il tappeto, i quadri, un'abat-jour per il tavolino. Abbiamo montato solo la vecchia libreria del nonno, per i volumi più pesanti, la scrivania e questo pc.

Per anni ho scritto su queste pagine virtuali dalla mia vecchia stanza, alla quale, d'estate, giungevano i rumori della strada: l'andirivieni delle macchine, qualche strillo dei miei rumorosi vicini. Qui sento a malapena il gragra delle ranocchie, dal cortile posteriore, e il vocione di Tina, il segugio del mio vicino.
Ma la malinconia, ormai, è un ricordo sfumato. Sempre di più le sento mie, queste stanze incomplete.
Nel cortile ci sono tutti i miei vasi, la pianta dell'alloro è diventata il rifugio prediletto dei passeri della zona: a detta dei vicini, non era mai stata così affollata. Dò da mangiare ai gatti, stendo e lavo quando mi pare e quando posso. E' casa mia. La sistemo come piace a me.

Se mi manca il passato? Certo. Il passato, specie se è stato un passato tutto sommato gradevole e "fortunato", manca sempre.
Eppure qualcuno, in un mirabile film di Martin Scorsese, diceva: «Se si rimane attaccati al passato, si muore un po' ogni giorno».
Io l'ho sempre considerata una sacrosanta verità.
Perciò vado avanti.
Salpo - trepidante, timorosa, entusiasta.
Senza dimenticare (è ovvio) la strada che mi riporterà a casa.
Qualunque essa sia.

venerdì 18 aprile 2008

Boicottiamo Guillermo Habacuc Vargas!

Sorvolo sull'elezione del "nano malefico" semplicemente perché mi ero ripromessa di non scrivere volgarità sul mio blog. Tanto, mi sono già ampiamente espressa sul forum.
Torno invece alle mie campagne animaliste: gli animali - almeno loro - non deludono mai.

Guillermo "Habacuc" Vargas, un pessimo individuo passato agli onori della cronaca per aver lasciato morire di fame un cane durante una mostra d'arte (la sua "opera d'arte" sarebbe stata proprio questa: per saperne di più sulla triste vicenda leggete qui) torna a far parlare di sé. Parteciperà infatti, incurante delle proteste degli animalisti alla Bienal Artística Centroamericana de Honduras 2008.
E' inaccettabile!!

Vi chiedo perciò di firmare la petizione CONTRO la partecipazione di questo delinquente alla mostra biennale e di inviare le necessarie lettere di protesta, agli indirizzi indicati dalla LAV. Trovate tutte le informazioni necessarie sul sito della LAV e sul blog Natividad.

Grazie di cuore a tutti coloro che firmeranno.


Natividad, il cagnolino ucciso da Vargas

venerdì 21 marzo 2008

Ventosa

Nella vita, io vado così, come tira il vento.
Periodi di bonaccia tanto tristi da togliere il fiato. E poi, di colpo, la folata che riporta il sorriso, il batticuore, la luce dei primi giorni di primavera - dopo il buio dell'inverno.
Quando capita, non mi fermo a riflettere. Non ho tempo neppure per abbattermi o per indulgere alla malinconia, perché devo seguire il vento - il mio vento.
Quando accade, io per prima mi stupisco della forza e dell'energia che scorre in questa piccola mente confusa, in questo corpo che sembra sempre sul punto di cedere sotto il colpo dei miei stessi pensieri.
Quando finalmente mi risveglio, non sono più una foglia al vento, ma un albero con profonde radici e un fusto che non potrà essere spezzato con facilità.

In tre soli giorni ho ripreso a lavorare e a studiare, abbandonando la pigrizia delle ultime settimane di incertezza. E mi sono trasferita definitivamente nella mia Casa dei Ranocchi.
Basta con le valigie, con i libri da trasportare avanti e indietro, con le lacrime agli occhi ogni volta che dovevo chiudere la mia parentesi di vita indipendente per tornare a essere "figlia".
Uno strappo deciso al cordone ombelicale, un colpo ben assestato alla mia esistenza che stava vacillando.
Non è stato facile.
Non so neppure come andrà a finire.
Non so se riuscirò a mettere un freno al mio brutto carattere e a fare della mia casa un nido sereno, in cui valga la pena tornare a fine giornata.
Ma dovevo farlo - negli ultimi mesi è stato il mio pensiero fisso. Perché *lui* è l'unico uomo che abbia mai amato nel vero senso della parola.
E poi perché, in fondo, credo di volere a me stessa abbastanza bene da tentare di combinare qualcosa di buono, in questa vita.

venerdì 7 marzo 2008

8 marzo

Non so per quale motivo, ma al giorno d'oggi ci sono molte donne convinte che festeggiare la festa della donna sia sbagliato.
«Dovrebbe essere la nostra festa tutti i giorni!» dicono convinte. E poi, magari, la sera dell'8 marzo si regalano uno spogliarello maschile, in nome dell'Ormone Incalzante.
Frasi e comportamenti di questo tipo mi hanno sempre lasciata perplessa, perché hanno il sapore smaccato della polemica gratuita. Non si può pensare di festeggiare le donne tutti i giorni: così come non può essere sempre la festa del papà, della mamma, dei nonni o degli innamorati. Esattamente come non può essere, per i cristiani, ogni giorno Natale.
Invece di fare proclami e di volerci a tutti i costi anticonformiste, sarebbe meglio ricordare (a noi stesse e al mondo che ci circonda) quale sia il significato reale della festa della donna, che è (o dovrebbe essere) l'occasione per celebrare le vittorie faticosamente conseguite, i diritti acquisiti dopo lunghe sofferenze, il ricordo di tutte quelle donne che sono state schiacciate, calpestate, messe a tacere con la violenza.
In questo senso, non vedo cosa ci sia di male, a festeggiare in una giornata comune tutte le donne. Le donne forti, le donne fragili; le donne che hanno gridato e quelle che hanno sempre taciuto; le madri e le combattenti; le streghe e le sante...
Perciò non offendetevi, amiche vicine e lontane, se vi faccio (con un giorno d'anticipo) i miei migliori auguri per questo 8 marzo.
Siate orgogliose di ciò che siete. E vogliatevi bene.

martedì 4 marzo 2008

Petizione per Fawza Falih, condannata a morte per stregoneria

Fawza Falih è una donna saudita accusata di aver reso impotente un uomo per mezzo di sortilegi magici. Arrestata dalla polizia locale, è stata picchiata e poi costretta a firmare la propria "confessione". Se il re Abdullah non interverrà per salvarla, concedendole la grazia, Fawza sarà giustiziata mediante decapitazione.

Per fermare questa terribile ingiustizia, firmate la petizione e fatela girare il più possibile.

Prelevato su http://aifeydesign.splinder.com/

Un ringraziamento particolare a FataAlchechengi, che mi ha segnalato l'iniziativa. Sul suo blog potete trovare anche parecchi approfondimenti e articoli di riferimento alla vicenda.

lunedì 25 febbraio 2008

Escursione con sorpresa

Una particolarità del nostro Belpaese che mi fa imbestialire è che molte, troppe persone sono convinte di poter vivere senza rispettare le regole e infischiandosene tranquillamente del prossimo. «A me sta bene così. Tu arrangiati.»

La scorsa domenica mattina, come facciamo spesso in primavera e in autunno, io e Cri ci alziamo di buon'ora, per partecipare alla prima delle rilassanti passeggiate collettive di Camminare il Monferrato.
Durante queste escursioni portiamo sempre con noi il nostro cagnolino, Mickey, e amiamo restare nella retrovie del gruppo, lasciando che gli altri ci precedano - per essere più tranquilli ed evitare "incidenti diplomatici" con i quattrozampe degli altri partecipanti.
Questa volta ci siamo tenuti forse troppo distanti e abbiamo perso di vista il resto della comitiva. Arrivati nel punto in cui il sentiero campestre si interrompeva - all'imbocco di un centro abitato - abbiamo girato a destra invece che a sinistra, prendendo la direzione sbagliata. Ci siamo subito resi conto che qualcosa non andava e così abbiamo chiesto informazioni.
L'uomo che abbiamo interpellato è stato gentilissimo e ci ha spiegato come e dove avremmo potuto tornare sul sentiero, per fare ritorno a Odalengo Grande (dove la nostra macchina era parcheggiata).
Per raggiungere la stradina indicataci, siamo passati di fronte a una grande e trascurata cascina, che pareva quasi abbandonata e che faceva bella mostra di un cancello arrugginito - e spalancato.
«Aspettami qui, vado avanti con Mickey per vedere com'è il sentiero» mi dice Cri e prende con sé il cane.
Un vero colpo di fortuna perché, mentre riprendo fiato proprio nei pressi del cascinale, sento abbaiare, mi volto e vedo tre giganteschi maremmani che mi stanno correndo incontro.
«Cani!» grido a Cri, che è già abbastanza lontano ma pur sempre con Mickey al guinzaglio.
Il mio primo istinto è di mettermi a correre per raggiungerli; nella frazione di un secondo, però, capisco che sarebbe una pessima idea. Così, col cuore in gola, mi sforzo di camminare come se nulla fosse, tenendomi ai margini del sentiero e senza guardare i tre bestioni. Li sento abbaiare alle mie spalle, sento che camminano vicino a me, eppure continuo a ignorarli, ostentando una tranquillità che non ho affatto.
Cri è a qualche metro di distanza, si volta spesso indietro e, nel frattempo, cerca di trascinare via Mickey. Come mi dirà dopo, vede che i cani non abbaiano contro di me, ma contro loro due che si stanno allontanando. Io, però, che non mi azzardavo a girarmi per vedere cosa stessero facendo, non potevo saperlo e cercavo di non pensare a cosa sarebbe successo, se uno dei tre cani avesse deciso di darmi un bel morso! So che gli animali sono bravissimi a fiutare la paura e perciò cerco di mantenere la calma.

Alla fine i tre maremmani tornano indietro, ma noi siamo stati costretti a imboccare un sentiero sbagliato, che non sappiamo dove ci porterà. Di tornare indietro per riprendere la "diritta via" non se ne parla, perché dovremmo ripassare davanti ai tre pastori poco amichevoli.
Dapprima spauriti (ci sentiamo molto "Dante nella selva oscura"), a questo punto ci arrabbiamo: dovremmo smarrirci per le colline e allungare la strada di chissà quanto... solo perché il proprietario di quella stramaledetta cascina non vuole degnarsi di controllare i suoi animali e di tenere il cancello chiuso? E se a passare fosse stato un bambino (che molto probabilmente si sarebbe messo a correre), cosa sarebbe successo? Io adoro i cani, non li temo; ma, proprio perché li amo, so che vanno tenuti ed educati con attenzione e conosco bene i rischi che si corrono avendo a che fare con tre maremmani lasciati incustoditi e abbandonati a se stessi.
Oltretutto il mio piccolo ma arzillo meticcio è un attaccabrighe di prima categoria, cosa che non avrebbe facilitato un ipotetico secondo passaggio davanti ai cancelli della cascina.
Così, sconfitti ma non domati, chiamiamo il 112 ed esponiamo il nostro caso. Il maresciallo di pattuglia è molto gentile e corre subito in nostro aiuto - dopo aver fatto un bel verbale, con annessa multa, all'incurante agricoltore.
Alla fine si è perfino offerto di darci un passaggio fino a Odalengo - dato che, in seguito a questa bella avventura, lo spirito dell'escursione era svanito come nebbia al sole.

Mi dispiace per i cani, solo per loro - perché hanno un cattivo padrone. Cri, che sa essere sempre più elegante di me, ha detto al maresciallo che non era nostra intenzione far multare il proprietario della cascina. Io ho preferito tacere ma, seduta sul sedile posteriore della volante con Mickey in braccio, gongolavo e cantavo vittoria.

martedì 29 gennaio 2008

Dopo Trivia 2008

E con il consueto ritardo... eccomi anch'io a parlare del convegno di sabato!
Sul Cerchio del Frassino ho già pubblicato la mia recensione dell'evento: difetti, punti di forza, quali sono stati gli interventi più interessanti... Una bella carrellata "tecnica", anche se non troppo seriosa.
Eppure, alla fin fine, ciò che più ha contato per me nel corso della giornata non sono state le conferenze, le nozioni raccolte, il libro acquistato o la nuova consapevolezza raggiunta, ma l'affetto di tutte le "sorelle" incontrate, il loro calore, il loro essere "di mille colori" e piene di energia.
A partire da NycteaNoctua, che è esattamente come me l'ero immaginata e che spero tanto di poter rivedere presto (magari in mezzo ai boschi, sì!!), passando per Sibillia ed Elbereth (simpaticissime: confidenti di "innocui pettegolezzi" durante le conferenze!), le simpaticissime amiche fiorentine CristinaFlo e Ilaria (compagne di sofferenza quando i nostri nobili "posteriori" non ce la facevano più, a forza di stare seduti!!!) e la cara Zelda, la "strega delle crocette", insieme al marito e alla sua piccola Carmen, una delle bimbe più buone e tranquille che io abbia mai conosciuto. Infine, last but not least, le "madredeine" Stregamamma (applauditissima... e che mi ha abbracciata forte forte, come aveva promesso!) e Ninfina...

Devo e voglio essere sincera: ho frequentato diversi raduni di gruppi e persone conosciuti online (soprattutto durante la mia tolkeniana "fase Eldalie"), ma a volte le mie aspettative sono andate deluse.
Intendiamoci, anche durante i vecchi raduni coi tolkeniani ho incontrato persone meravigliose (assolutamente); però c'era sempre anche la triste eccezione, la persona che sembrava tanto calorosa sul Web e poi si rivelava spocchiosa e freddina dal vivo. Oppure l'evento spiacevole, il pettegolezzo malevolo, l'antipatia repentina e reciproca. Quelle cose del tipo: «No, tu proprio non mi piaci».
Con le amiche incontrate a Milano, invece, è stata fin da subito sintonia, tranquillità, spontaneità, pacatezza. Neppure per un istante e con nessuna di loro mi sono sentita "sotto esame", come spesso accade quando ci troviamo di fronte a persone nuove.
Siamo diverse, certo. Forse non la pensiamo allo stesso modo su tutto. Ma ciò che conta è il risultato finale, la capacità di ciascuna di noi di non prevaricare sulle altre, di "donarsi" con discrezione e con serenità.
Sono soddisfatta, insomma: le mie amiche virtuali... le ho davvero scelte bene.
E spero che la bella stagione ci porti nuove occasioni d'incontro, di unione, di "sorellanza".

Vi abbraccio tutte.

venerdì 25 gennaio 2008

Appello contro la moratoria per l'aborto proposta da "Il Foglio"

Ciascuno, sulla "questione aborto", può pensarla come vuole. In ogni caso io sono dell'idea che:
1) i cattolici e il Vaticano debbano smetterla di voler imporre a tutti la loro morale, la loro fede, le loro convinzioni;
2) non debba essere un uomo (della risma di Giuliano Ferrara, per giunta) a doversi impicciare di certe questioni;
3) non si possa fare politica (perché questo è quanto vuole fare "Il Foglio") col corpo delle donne.

Pertanto, posto anche qui, come già avevo fatto su Mother Earth Icons, l'appello diffuso da Server Donne:

Dead women walking. Il patriarcato da bar è il modo più semplice che ha il simbolico patriarcale e maschilista di fare presa e di riprodursi all’interno del discorso comune, della chiacchiera riportata e non ragionata, dello stereotipo senza argomentazione e logicità.

Tutto questo si ritrova nell’ultima idea di Giuliano Ferrara, quella di prendere adesioni per una grande moratoria sull’aborto. Ma nell’intento di aprire nuovamente questo discorso stantio c’è anche la malafede di coloro che fanno di ogni discorso un’arma politica contro l’avversario per cui, con il PD debole sulla bioetica e di fronte ad una bella figura internazionale del governo ottenuta con il voto all’ONU sulla moratoria per la pena di morte, Ferrara e altri hanno deciso di strumentalizzare l’aborto per aumentare i malumori nel governo e sperare in un cedimento sui nodi scoperti.

Siamo davvero stufe che i nostri corpi e le nostre vite vengano invase da discorsi opportunistici e di bottega. Ci appelliamo a Giuliano Ferrara perché rivolga la sua crociata altrove: mai pensato di diventare animalista? La questione della libera scelta della maternità non deve più essere argomento su cui imbastire lotte per poltrone e potere politico.

Utilizzare la moratoria sulla pena di morte per fare un parallelo con l’aborto è arrampicarsi sugli specchi. Infatti non c’è nesso logico tra una decisione che per legge uno Stato prende per togliere la vita di qualcuno che è nato ed ha diritti anche se ha commesso qualche grave delitto, e la decisione di una donna di far nascere, amare e crescere un figlio o di non poterlo fare per motivi che riguardano le sue singole e personalissime decisioni di vita e di coscienza. Già lo Stato italiano si è arrogato diritti di decisione per parte delle donne, ponendo limiti alla libera maternità attraverso le limitazioni imposte dalla 194 e con il diritto all’obiezione di coscienza, e decidendo per noi su quando e come avere dei figli o non averne. Si è raggiunto il paradosso della Legge 40 del 2004 con la quale lo Stato ha preso chiara posizione su come bisogna che noi donne abbassiamo la testa alle decisioni degli altri, a decisioni ideologiche e di principio, perché non possiamo scegliere liberamente di avere dei figli neanche in caso di problemi di sterilità.

Il femminismo italiano, come ha ricordato Adriana Cavarero intervistata da Il Foglio, ha già ribadito che sul corpo e sulla sessualità, sulle decisioni di vita delle donne non si deve legiferare, pertanto nessun appello ad un “diritto universale” a favore di ipotetici nascituri può permettersi di andare a contrastare con il diritto di autodeterminazione (autonomia) e di libera scelta che è tra l’altro anche uno dei fondamenti della bioetica, e che spetta a ogni donna. Il dibattito dovrebbe essere posto sul versante dell’etica della responsabilità che deve coinvolgere le donne e gli uomini in ogni parte del mondo, per una decisione matura rispetto alla nascita di un figlio che è un progetto di vita, un impegno fondamentale perché questo nuovo nato abbia possibilità di una vita felice e sviluppare tutte le sue potenzialità. E non funziona neppure l’argomentazione che vuole le donne vittime di una selezione delle nascite in paesi considerati meno civili di quelli europei, questa tragica piaga infatti non si vince con un’ipotetica imposizione statale alla nascita ma con il miglioramento delle situazioni economiche delle donne e con i diritti politici effettivi dati alle donne. Solo così e con una cultura dell’autodeterminazione le donne di questi paesi saranno libere di scegliere quanti figli avere, e solo se non saranno costrette a mandare le loro bambine a prostituirsi o a venderle come spose bambine, allora la nascita delle loro figlie sarà una gioia e non un dolore mortale.

Noi donne, di nuovo trattate pubblicamente come contenitore da maneggiare in talk show abbiamo ora il compito di gridare forte non solo il nostro NO a queste strumentalizzazioni. Dobbiamo pubblicamente rifiutare il ruolo di “dead women walking” che vogliono appiopparci, perché in questo gioco mediatico siamo noi le sottoposte a pena di morte simbolica.

In questa società nella quale il diritto alla vita è sempre più messo in pericolo, e non certo per le scelte della popolazione femminile ma semmai per la cultura scellerata maschilista che ci considera proprietà del marito, del fidanzato, del padrone, dello Stato, noi donne dobbiamo rivendicare la nostra responsabile autodeterminazione.

Ci chiediamo infine come mai lo pseudo-neo-tomista Giuliano Ferrara non abbia invocato gli universalissimi principi della vita e della difesa degli innocenti quando volenterosamente il suo governo appoggiava – quella sì - la silenziosissima strage di innocenti in Afghanistan e Iraq. C’è da chiedersi infatti come mai il realismo politico di certi maschi rimanga tale per quanto riguarda la guerra – ultima e preziosissima ratio della politica di cui solo loro colgono l’essenza – e si trasformi in un melenso idealismo che difende i feti quando si tratta del corpo femminile. Ferrara – e molti uomini con lui - è realista e cinico quando si tratta delle bombe in Iraq, diventa idealista e mistico quando si tratta del corpo delle donne.

Che dire infatti di quei bambini carbonizzati dalle bombe al fosforo bianco lanciate sull’Iraq dagli aerei americani: innocenti forse non lo erano più per il fatto di essere venuti al mondo dalla parte sbagliata? Perché ci fu il silenzio, allora, su quella vera e propria strage di innocenti - vivi e coscienti - avallata dall'occidente? Quello è sì uno dei tanti crimini contro l’umanità passati sotto silenzio per il quale le madri gemono e continueranno, inascoltate, a genere.

Monia Andreani, Olivia Guaraldo, Francesca Palazzi Arduini, Emma Schiavon

Per aderire inviare una email a andremonia@genie.it

giovedì 10 gennaio 2008

Foto d'inverno

Richieste a furor di popolo (!!), ecco alcune delle foto scattate durante questi giorni di lontananza dal web.

La Bottega del Frassino - Streghine



Ecco le prime "creazioni" realizzate per la Bottega del Frassino, esposte insieme al Gandalf fatto da *lui*.
Le ho fatte come regalo di Natale per tutti, ma sto pensando di metterle anche in vendita.


In cucina



Questi sono invece i miei esperimenti in cucina! Gnocchi, biscotti allo zenzero e crostata di ciliegie!


Le mie bestiole


Il mio tesoro...



... e le gallinelle d'acqua (uccelli selvatici tipici delle "terre d'acqua", ovvero della piana piemontese coltivata a risaie), che vengono a mangiare nel mio cortile. Ho impiegato qualche giorno a conquistare la loro fiducia, ma alla fine ce l'ho fatta! Non si fanno avvicinare ma, quando noi siamo in casa, gironzolano beate nel mio cortile posteriore, dietro al quale scorre la piccola roggia.

Ora basta: non vi voglio così male! Altre foto le trovate su Flickr

mercoledì 9 gennaio 2008

Dell'ennesimo ritorno di Canidia

Ormai vi sarete talmente abituati al mio andirivieni che non ci farete più nemmeno caso. Comunque sono tornata, felicissima di aver recuperato il mio blog. Almeno questo.
Ieri ho passato il pomeriggio ad aggiornare il sito (mi mancava troppo!) e a ricopiare qualche appunto che mi è venuto in mente mentre ero nella mia Casa dei Ranocchi.
Ora che il famigerato Capodanno è passato, posso finalmente tirare un sospiro di sollievo: il tempo è ancora grigio, molto umido dalle mie parti, ma confido che presto il sole tornerà a fare capolino.
Voglio prepararmi come si deve alla Candelora visto che, in questi giorni, ero talmente scazzata-depressa-letargica che poco mi sono curata di seguire nel modo più propizio il naturale svolgersi del tempo.
Ho chiuso gli occhi. Ho dormito (parecchio: e questo non è mai un buon segno per me), letto, cucinato. Avrei dovuto occuparmi di mille altre cose, avrei dovuto avere più cura dei miei pensieri, incanalare meglio le mie energie... ma non l'ho fatto. Ho chiuso gli occhi e mi sono lasciata trasportare.
Potrà sembrare un atteggiamento molto naturale e spontaneo ma, in realtà, comportarmi in questo modo non mi ha mai portato nulla di buono: ora riprendere la rotta sarà difficile. Ma tant'è. Mi andava di farlo. Sono testarda come un mulo anche (e soprattutto!) nei miei malumori, questo si sa.
Adesso non mi resta che raccogliere i cocci, fare ordine fra i rottami e aspettare - ancora un po'. Aspettare che inizi il corso di latino. Aspettare che mi dicano qualcosa per quel lavoro... So che dall'ufficio personale si sono fatti dare il mio numero di cellulare, ma ancora nessuno si è fatto vivo.
Infine, per quanto riguarda la sfera "relazioni&buoni sentimenti", lo confesso: in queste feste mi sarebbe piaciuto poter mollare il timone con la consapevolezza che qualcuno l'avrebbe afferrato al mio posto; ma questo non si è verificato. Come volevasi dimostrare.
Ma io e *lui* non molliamo: continueremo con la nostra Bottega del Frassino (ormai abbiamo una ricca produzione di streghette di ogni tipo: tra questa sera e domani posterò le foto, promesso!), con le escursioni campestri in cerca di materiali da poter poi recuperare e riutilizzare (appena il tempo ce lo consentirà), con le discussioni su libri, saggi, miti e leggende... Siamo andati a vedere la mostra Peggy Guggenheim e l'immaginario surreale e ne siamo usciti entusiasti.
In più, ho una mezza idea che mi frulla per la testa, ma di cui ancora non voglio accennare nulla.
Quello che è certo, è che devo smetterla di correre dietro alle persone nella speranza che condividano con me ciò che io amo, perché certe esperienze e sensazioni devono nascere dal cuore, spontaneamente. Sono già molto fortunata ad aver trovato *lui*, sempre così vicino, così pieno di voglia di "fare".
Quanto alla mia cara Lunaspina... spero solo che vada tutto per il meglio e che possa tornare presto in forma. Lontana, lontana da tutte le ombre di questa vita così dura. Siamo molto vicine in questo periodo e questo è uno dei regali migliori che potessi ricevere, in assoluto. Dopo un periodo di forti mareggiate (dovute alla nostra instabilità emotiva: eravamo due foglie al vento e spesso, volando insieme, finivamo per scontrarci), ora abbiamo trovato l'intesa più completa. Come mi ha scritto via mail un mio carissimo amico: "nella vita i desideri a volte si realizzano; basta saper desiderare le cose giuste".
E' una lezione che io - petulante, ringhiosa, sempre all'arrembaggio col coltello fra i denti - dovrei tenere a mente.
E la terrò a mente, promesso.

(Perdonate il post lamentoso, grigiastro, uggioso: prometto che migliorerò nelle prossime settimane. Sempre meglio le lamentazioni, comunque... che le foto delle mie torte! E queste, ahimé, arriveranno presto!)