Il Libro del Comando

[Il libro magico] ce l'aveva un prete di Elva, del pittoresco paesello che s'adagia in quella magnifica conca alpina di Valle Maira a cui fanno corona i colossi del Pelvo, delle Camosciere e del Chersogno. Ne era venuto in possesso Dio sa come; ed aveva anche imparato, certo da qualche professore di magia, a leggerlo pel suo verso. E a legger là dentro ci voleva davvero una scienza profondissima. Non era mica un libro come gli altri. Prima di tutto antico di secoli, fors'anche di millenni; e poi, scritto a mano, ma con un'infinità di segni stranissimi - ghirigori, frecce, circoli, nodi, reticolati, spirali, cifre e figure mostruose - e con certe pagine in un rosso così vivo da parer sangue e fuoco. Aprendolo, e leggendolo nei suoi diversi capitoli come si doveva, il fortunato suo proprietario poteva fare qualunque cosa gli venisse in mente, soddisfare qualsiasi capriccio, produrre i fenomeni più grandiosi e catastrofici che si possano immaginare; come sarebbe oscurare il sole, suscitare il vento, scaternar l'uragano, cambiar direzione ai fiumi, spianar le montagne. E simili altri miracoli da sbalordire. [...] Ma un giorno che il prete era uscito di casa per sue incombenze, a causa del suo libro capitò un gravissimo guaio. Il prete l'aveva lasciato inavvertitamente su uno scaffale del salotto, in mezzo ad altre cose diverse; e un forestiero, venuto in canonica per parlargli d'affari, e introdotto dalla perpetua appunto in salotto perché ivi attendesse il padrone che non poteva tardare, mentre oziava tra quelle cianfrusaglie a ingannar l'attesa, mise per caso gli occhi sullo strano volume in pergamena e, incuriosito, lo tolse tra mani. Non l'avesse mai fatto! Egli si mise a sfogliarlo, e tentò anche di leggerlo; ma siccome non lo leggeva pel suo verso accaddero in un attimo i fenomeni più orrendi che si possano immaginare.
Il sole si oscurò, perdendo luce e calore; gli uomini si sentirono tutti invasi da uno strano malessere; anche gli animali caddero in preda ad una folle agitazione. Le montagne ondeggiavano in gran subbuglio; le case cominciavano ad inchinarsi come se dovessero capovolgersi; gli alberi, non più fermati al suolo, giravano l'uno intorno all'altro in ridda fantastica; le vacche e gli altri animali da stalla scorrazzavano con le greppie appese al collo; grida, lamenti, gemiti risonavan per tutto. [...]
Per fortuna il buon prete, che non era molto lontano da casa e intuì subito come tutti quei fenomeni fossero prodotti dal suo libro magico, tornò in gran fretta, e poté ancora rimettere le cose al loro posto.
Leggendo là dentro come egli sapeva, [...] ridonò stabilità alle montagne e alle piante, ridonò pace agli uomini e alle bestie...
(Euclide Milano, citato in D. Bosca, B. Murialdo, Masche, Priuli&Verlucca editori, Scarmagno 1999.)



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