Lo spunto mi è venuto da un bell'articolo di Nyctea, sebbene su questi argomenti sia solita arrovellarmi almeno una volta al giorno. ("Qualcuno" dice che io penso troppo: sappiate che sono illazioni!...)
Nel quotidiano noi tutti siamo subissati da suoni, imput, chiacchiere e distrazioni di ogni genere. Suggestioni forse affascinanti, ma tanto rapide ed effimere da non lasciare traccia alcuna nel nostro animo.
Viviamo in una società abituata a berciare, piuttosto che a parlare.
Il verbo parlare deriva dal latino parabola, che in origine aveva il significato di "insegnamento", "narrazione allegorica": la "parola", dunque, ab initio come trasmissione di sapere, piuttosto che quale vana e sciocca chiacchiera.
Oggi, per contro, pare che si debba parlare per forza: interpretiamo il silenzio protratto di un amico o di una persona amata come un atto di imperdonabile indifferenza e al tempo stesso godiamo di chiacchiere senza senso: pettegolezzi, banalità, battutine al vetriolo...
Non dico che ogni volta che si apre bocca si debba per forza produrre pillole di saggezza (lungi da me l'intellettualismo!), ma la vanità dei nostri tempi e il clamore che ci confonde, impedendoci di seguire il nostro sentiero e di distinguere il Vero dal Falso, il Bene dal Male, sono innegabili.
Per questo sarebbe utile (indispensabile!) rivalutare la Parola nel suo senso più prezioso: la trasmissione nei tempi corretti di un concetto utile.
Ho evidenziato "nei tempi corretti" proprio perché, al pari della parola, anche il SILENZIO è necessario.
Esistono rapporti umani (io stessa ne ho fatto e ne faccio tutt'ora esperienza) che procedono per anni - ed è logico pensare che si estenderanno per l'intera durata dell'esistenza terrena - proprio perché sanno rispettare i giusti tempi di connessione: lunghi silenzi, forse, che si aprono simultaneamente (dall'uno e dall'altro lato: è questa l'armonia!) in dialoghi fitti, soddisfacenti, carichi di spunti, informazioni - autentiche occasioni di crescita interiore... Ecco, in questi rapporti si riconosce la bellezza del Cosmo, la sua armonia superiore si riflette nelle piccole cose concrete, lasciandoci stupefatti e affascinati.
Non serve "esperienza" per stringere rapporti di questo tipo; forse una certa dose di fortuna nell'incontrare le persone giuste... ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano.
Occorre piuttosto pazienza e... un buon orecchio musicale. Dico "musicale" perché in questo caso come in musica e in poesia (poiesi!) è imperativo saper rispettare i tempi: i propri e quelli altrui. E, anziché cercare di costringere noi stessi e chi ci sta accanto in rapporti precostituiti, castranti (simili a tante piccole scatoline in cui dobbiamo per forza far entrare il nostro io e quello altrui), tentare di scorgere il sensum superiore che ci regola, mettendoci alla prova costantemente, e che di certo non obbedisce alle sciocche regole di questo mondo.
Parlo, sì, del "senso superiore delle cose", dell'ombra sfolgorante che sta dietro agli accadimenti di ogni giorni: nulla succede per caso. Dobbiamo sforzarci di com-prendere il symbolum e di non perdere la rotta che per noi è stata tracciata. Non parlo di destino - o di provvidenza: sono concetti che non mi appartengono. Parlo di connessioni, di liens, di compenetrazioni...
Parlo del velo che si solleva, lasciandoci abbagliati e folgorati.
Parlo del velo che si solleva - appunto - attraverso le giuste parole e i silenzi lasciati intatti...
Non so quanto ci sia di logico o di comprensibile in ciò che ho scritto.
Di certo, in questo momento, io ho ben chiara quale sia la direzione da seguire...
Oggi, per contro, pare che si debba parlare per forza: interpretiamo il silenzio protratto di un amico o di una persona amata come un atto di imperdonabile indifferenza e al tempo stesso godiamo di chiacchiere senza senso: pettegolezzi, banalità, battutine al vetriolo...
Non dico che ogni volta che si apre bocca si debba per forza produrre pillole di saggezza (lungi da me l'intellettualismo!), ma la vanità dei nostri tempi e il clamore che ci confonde, impedendoci di seguire il nostro sentiero e di distinguere il Vero dal Falso, il Bene dal Male, sono innegabili.
Per questo sarebbe utile (indispensabile!) rivalutare la Parola nel suo senso più prezioso: la trasmissione nei tempi corretti di un concetto utile.
Ho evidenziato "nei tempi corretti" proprio perché, al pari della parola, anche il SILENZIO è necessario.
Esistono rapporti umani (io stessa ne ho fatto e ne faccio tutt'ora esperienza) che procedono per anni - ed è logico pensare che si estenderanno per l'intera durata dell'esistenza terrena - proprio perché sanno rispettare i giusti tempi di connessione: lunghi silenzi, forse, che si aprono simultaneamente (dall'uno e dall'altro lato: è questa l'armonia!) in dialoghi fitti, soddisfacenti, carichi di spunti, informazioni - autentiche occasioni di crescita interiore... Ecco, in questi rapporti si riconosce la bellezza del Cosmo, la sua armonia superiore si riflette nelle piccole cose concrete, lasciandoci stupefatti e affascinati.
Non serve "esperienza" per stringere rapporti di questo tipo; forse una certa dose di fortuna nell'incontrare le persone giuste... ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano.
Occorre piuttosto pazienza e... un buon orecchio musicale. Dico "musicale" perché in questo caso come in musica e in poesia (poiesi!) è imperativo saper rispettare i tempi: i propri e quelli altrui. E, anziché cercare di costringere noi stessi e chi ci sta accanto in rapporti precostituiti, castranti (simili a tante piccole scatoline in cui dobbiamo per forza far entrare il nostro io e quello altrui), tentare di scorgere il sensum superiore che ci regola, mettendoci alla prova costantemente, e che di certo non obbedisce alle sciocche regole di questo mondo.
Parlo, sì, del "senso superiore delle cose", dell'ombra sfolgorante che sta dietro agli accadimenti di ogni giorni: nulla succede per caso. Dobbiamo sforzarci di com-prendere il symbolum e di non perdere la rotta che per noi è stata tracciata. Non parlo di destino - o di provvidenza: sono concetti che non mi appartengono. Parlo di connessioni, di liens, di compenetrazioni...
Parlo del velo che si solleva, lasciandoci abbagliati e folgorati.
Parlo del velo che si solleva - appunto - attraverso le giuste parole e i silenzi lasciati intatti...
Non so quanto ci sia di logico o di comprensibile in ciò che ho scritto.
Di certo, in questo momento, io ho ben chiara quale sia la direzione da seguire...
2 commenti:
Semplicemente perfetto, Elo...Poi quella cosa delle "liens", delle connessioni...ecco, ultimamente cercavo un termine che andasse oltre le "Sincronie", CONNESSIONI è perfetto, come tante sinapsi di cui accorgersi per afferrarle nell'attimo in cui scintillano!
Un abbraccio!
Scintillano, sì! Brillano di luce propria nell'armonia!
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