martedì 26 luglio 2011

Del ritorno di Medusa

Nyc mi dice che devo "guardare" (o meglio, "vedere"?), perché sono distratta. E naturalmente ha ragione.
Durante l'ultimo mese, è come se avessi tenuto sempre lo sguardo abbassato, fisso sulla punta delle mie scarpe.
Facevo un sogno ricorrente, da bambina. Sognavo di entrare in una stanza, nella casa di campagna dei miei genitori. Sapevo che in quella stanza c'era Medusa, la terribile impetratrice; oppure la sentivo arrivare alle mie spalle, ascoltavo i suoi passi lungo la scala di legno, mentre scendeva per raggiungermi. Ero consapevole della sua presenza in casa e così non alzavo mai lo sguardo.
Nei sogni, vedevo le mie ciabattine rosse, le mattonelle del pavimento, le mie ginocchia. Oltre le ginocchia non guardavo, perché, nel caso l'avessi fatto, sapevo che sarei morta.

E' così che mi sento in questi giorni. Non guardo. Forse neppure ascolto.
Non è particolarmente intelligente, come atteggiamento; ma altro non so fare.

Domani, comunque, Lei e io ci incontreremo di nuovo. Non credo che ci sarà una gran partita. E io non indosserò (più) ciabattine rosse che potranno salvar(ci).


Nanoo G.
(Morte nera, morte nell'acqua...)

Nessun commento:

Posta un commento