mercoledì 7 settembre 2011

Della cecità

Non è difficile. Basta seguire le briciole gettate lungo il cammino - e avere pazienza: il percorso, l' "inseguimento" di tutti i segnali può durare anche anni.
A me è successo con I ciechi. Diverse visite al vecchio paese "cieco", fotografie, sopralluoghi notturni insieme a *C.* e a Mara - eppure il racconto non si concretizzava mai. Tutto quello che sapevo, fino a poche ore fa, era solo che il protagonista per ovvie ragioni (ovvie soltanto per me!) avrebbe dovuto lo "specchio" di Andrea. Un po' poco, per scriverci una storia.
E poi, all'improvviso, dopo una variegatissima chiacchierata con Nyc, torno alla scrivania e leggo questa frase di Fabio Rosa:

«Il buio degli occhi, che per gli antichi era attributo dei veggenti, è ormai divenuto IL BUIO DI DIO, di cui soltanto il cieco fa esperienza» (Fabio Rosa, "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Mito e sguardo in Pavese", in L'occhio, il volto. Per un'antropologia dello sguardo).

Ecco cosa c'era (o avrebbe dovuto esserci: declinate il verbo come più vi aggrada) nelle case cieche di Brusaschetto Basso: il dio cieco, Abbaton.


Hugo Simberg, Blessed Angel

Chiunque lo scorga, è destinato anch'egli a morire e a diventare un veggente. Le due cose più o meno si equivalgono...

«La vision s'éteint avec la lumière: les morts sont des aveugles, et songer qu'on est aveugle est un signe de mort...» (Waldemar Deonna, Le symbolisme de l'oeil)


I "ciechi" di Brusaschetto Basso. Fotografati dalla Canidia almeno 5 o 6 anni fa: oggi il paese non esiste più...

1 commento:

Cristiano ha detto...

E' vero... ma quel posto rimane comunque inquietante e sinistro! Buon lavoro!

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