Le fiabe, come sempre, trasmettono verità profonde - senza dar l'impressione di volerci fare la ramanzina.
Potrei scomodare Propp, su questo argomento. E invece (data la modestia di queste paginette virtuali) preferisco andare per immagini e suggestioni.
Ci stiamo avvicinando al Risveglio a passi da gigante (da gigantessa, sarebbe meglio dire...): le temperature che si alzano, il sole che si fa sempre più caldo, la terra che si risveglia. E' ora di seminare, di preparare orti e giardini. I gatti si fanno giorno dopo giorno meno indolenti: vogliono uscire, tornare ad esplorare il territorio... Segnali esteriori di una rinascita che viene dal profondo, ctonia e inarrestabile. Senza di essa, il sonno sarebbe eterno e si entrerebbe nella dimensione ou-topica del "Falciatore".
E invece no: ci si ri-genera, si riprende il Cammino nel sole, nella frenesia dei preparativi necessari per il ritorno alla Vita, dopo la parentesi d'acqua e di oscuro.
A patto, naturalmente, che si sia ben lavorato (prova ne saranno le nostre esistenze!) - e che ben si intenda il valore del Risveglio.
Molte persone (che non hanno intrapreso un determinato Cammino) considerano il periodo che precede l'Equinozio semplicemente come una fase di frenesia vegetativa e metabolica - e, ahinoi!, lo stesso fanno anche coloro che dovrebbero una maggiore consapevolezza in materia...
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Sotto il segno dell'(umana) arroganza e della mancanza di consapevolezza, un risveglio può risultare spiacevole... |
Per quel che mi riguarda, preferisco (in queste settimane come non mai!) la via del Silenzio, che contrappone la parola (spesso ridondante, superflua; appannaggio di un sistema oppressivo maschile) alla Parola magica.
A tale proposito, ritengo interessanti alcuni passaggi del bellissimo romanzo di Laura Pariani La valle delle donne lupo.
«Però adesso basta. Ha parlato troppo. Il mondo è avvelenato dalle parole. Le parole sono una trappola. Si comincia a morire attraverso la bocca, come i pesci, diceva sopà: era uno che parlava poco, diceva che lingua sciolta è all'uso delle beghine; che l'uomo nelle situazioni difficili più risparmia la lingua e meglio avanza verso il suo scopo. Chiaro che lo diceva perché era maschio: agli uomini non piace se le donne parlano; epperciò loro tiran fuori sempre sentenze dei seculòrum per convincere le donne a tacere. [Lara!] A parte questo, lei è convinta che, efforse sì, bisognerebbe trovare un altro modo di esprimersi, un nuovo linguaggio in cui si possa comunicare con leggerissimi segni, come gli animali. Ci rendiamo conto di come le bestie sono libere senza il nostro armamentario di paroloni grdiati a voce scannarozzata?» (Laura Pariani, La valle delle donne lupo, p. 186)Al cattivo uso della parola assistiamo tutti i giorni: nei talk show televisivi, nelle chiacchiere sui social network, sulle polemiche (sterili, inutili) portate avanti da noi stessi, amici, conoscenti, familiari... Viceversa, la Parola magica, per esprimersi, ha bisogno di un codice tutto suo, fatto di silenzio e di parole confuse, masticate e rimasticate, rese incomprensibili per il resto del mondo: le distrazioni non sono ammesse.
«Ché ogni forza sta nella lingua, nella parola ben masticata nella testa, la sciura non lo sapeva? Naturalmente lei sta pensando della parola di preghiera, giusta e pesata, non del purparlé che fa solo schiuma di bocca.» (p. 113)Distrazioni e clamore non sono ammessi: il rumore inutile è blasfemo... Ed esiste forse clamore più stupido e dannoso di quello provocato da ruspe e lacrimogeni in Val Susa?
A voi commenti e riflessioni. Io preferisco non aggiungere altro.