giovedì 20 dicembre 2012

Per aspera ad astra


C'è sempre troppo rumore. DETESTO lo strepito, chi parla a voce troppo alta, chi si agita senza motivo, chi è sempre pronto a dire la propria su qualsiasi argomento, anche senza averne competenza né esperienza.
In questo periodo, poi, ci si mettono pure le profezie millenaristiche, ad aumentare il frastuono.
E dire che ci troviamo sotto la reggenza del Viaggio, del Percorso e della Scoperta - e mai come ora dovremmo badare a "dove mettiamo i piedi", a essere con-centrati sul nostro modo di essere nel Mondo e per il Mondo!
In verità noi tutti dovremmo (il condizionale è d'obbligo) avere coscienza di andare incontro ogni anno a un ciclo completo di morte e di risurrezione (per gli antichi romani il mundus era la fossa che fungeva da collegamento con l'Oltre-mondo e che veniva aperta tre volte l'anno, per permettere alle due realtà di entrare in contatto e di completarsi a vicenda, contribuendo alla formazione di un sensus universale). Al contrario, non solo la maggior parte delle persone (la Rowling, nel suo universo magico naïf, non aveva poi tutti i torti a chiamarli "Babbani"!) non ha la benché minima coscienza del Sé, del cosmo e del caos in cui si trova (suo malgrado?) immersa; ma, ultimamente, sembra afflitta da un vero e proprio "delirio di fine del mondo". Lo stesso che De Martino individuava (nel bellissimo saggio La fine del mondo, edito da Einaudi) come stato psicopatologico e che anche in psichiatria mostrava di possedere due diverse accezioni:
a) aprendosi come passaggio al nuovo (oggi: movimento della decrescita, rivoluzione dei consumi, autoproduzione ecc.)
b) involvendo verso la percezione di un (auto)annientamento (oggi: distruzione della terra nelle sue molteplici forme, mancanza di empatia, marcato e diffuso specismo ecc.)
Credo che sia inutile richiamare alla memoria di chi sta leggendo i numerosi problemi sociali, economici, culturali a cui stiamo andando incontro da ormai parecchi mesi. Ci troviamo di fronte a una sorta di "schizofrenia" collettiva o ci troviamo davvero di fronte a una catastrofe imminente?
Con molta semplicità (dato che non credo molto nelle baggianate da veggenti di celluloide!), credo che collettivamente dovrem(m)o affrontare un (lungo?) percorso attraverso la marcescenza, attraverso le "acque morte", prima di ritornare alla luce. Per aspera ad astra. E non sarà (o non dovrebbe essere!) un percorso per pochi eletti, ma un Cammino collettivo.
Di fatto, dubito che accadrà; ma mi piace immaginarlo. Concedetemi qualche immaginaria soddisfazione.
«Una guardarobiera di 52 anni: quattordici giorni prima che fosse condotta in ospedale, essa aveva di notte lasciato una lampada sempre accesa, poiché si sentiva angosciata. Nella notte di San Silvestro la sua angoscia era stata particolarmente intensa, in quanto la ragazza aveva detto che fra Natale e Capodanno il mondo sarebbe sprofondato. Il giorno successivo aveva lavorato come guardarobiera. Uscita per strada, era così buio, nessuna stella brillava, nessuna campana suonava. Fu assalita dall'angoscia che il mondo sarebbe andato in rovina. Verso le otto si recò in chiesa, ma errò a lungo per le strade, e suonò "alle case dei ricchi". Le case erano immerse nelle tenebre. Dopo aver suonato, qua e là apparve una luce alle finestre: contemporaneamente le stelle l'una dopo l'altra tornarono a splendere, e anche la luna. Ne fu contenta, pensando che il mondo non sarebbe crollato. Continuò a correre: "Ero come trasportata da una corrente, ero stanca morta e tuttavia dovevo sempre correre".» (E. De Martino, La fine del mondo, p. 35)
Per quel che mi riguarda, ho scelto la strada della leggerezza che poi tanto "leggera" non è; una leggerezza "calviniana" capace di dare buoni frutti, insomma... In attesa e con rispetto, alla Nuova Luce.

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