martedì 9 febbraio 2010

"Where does your voice go when you're no more?"

Forse può essere stato frutto della mia immaginazione (sebbene sono quasi certo che non lo fosse) ma ebbi l'impressione che tutto l'entusiasmo per il gioco si fosse improvvisamente disciolto come brina al sole. Se a qualcuno fosse venuto in mente di proporre un altro gioco, sono sicuro che tutti quanti ne saremmo stati felici e avremmo abbandonato "Smee". Soltanto che nessuno lo fece. Nessuno pareva disposto a farlo. Per conto mio, e posso dire altrettanto anche a nome di altri, provavo l'opprimente sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato. Non avrei saputo dire che cosa ci fosse che non andava, e in realtà non me lo chiedevo neppure, ma in qualche modo il divertimento aveva perso tutto il suo brio e sul mio cuore indugiava un ammonimento come un'ombra, un sesto senso che mi avvertiva del fatto che in quella casa v'era un influsso tutt'altro che sano e positivo.

A. M. Burrage, Smee

Uno dei film che prediligo, Dust (ne parlavo già qui), ha come frase di lancio quella che ho riportato nel titolo: Dove va la tua voce quando non ci sei più?
Di recente mi è capitato di essere testimone (per interposta persona!) di un fatto strano e sono tornata a riflettere sul significato di certi "legami".
Non starò a raccontare in questo post tutte le esperienze "inspiegabili" capitate nella mia vita o in quella delle persone a me care.
Il pensiero che si fa strada con frequenza, in questi giorni, nella mia mente è decisamente poco concreto, legato più alle suggestioni che ai ricordi. Riguarda quella che io chiamo la volontà di permanere di energie, entità, anime.

Permanere: dal latino permanère, composto da "per" e "manere", rimanere, restare, durare.

Durare. Sconfiggere il tempo, per quello che è possibile. Riferito alle persone, naturalmente; ma anche ai luoghi.
Che cos'è che percepiamo in alcune case (quella tensione sottile, che provoca un nodo alla gola) o in un luoghi ben precisi?
Penso a Lucedio, è ovvio. E anche al vecchio prato di Camino, che oggi non esiste più.
Non è "vampiresca" (concedetemi il termine) questa volontà di permanere?
Non è forse il frammento del divino rimasto in noi? (Non è questo che afferma l'uomo mortale di fronte alla potenza funesta dell'angelo, nelle Duinesi di Rilke? Ah, ma sto divagando... L'appassionata di poesia sta prendendo il sopravvento su Canidia...)
Le mie riflessioni, questa sera, non hanno molto senso. Prendetele per quello che sono: semplici divagazioni.

Vorrei che il mio gatto non miagolasse così forte...

3 commenti:

NycteaNoctua ha detto...

In certi luoghi ed in certi momenti si aprono "porte di comunicazione" e lo scambio è possibile...come due cerchi che si intersecano...parte di un cerchio è ricompreso nell'altro. Chissà "di là" cosa vedono di noi, come noi "ci manifestiamo" inconsapevolmente a loro...

Un abbraccio! *_*

Elbereth ha detto...

Concordo col commento di NycteaNoctua. Credo che le dimensioni in cui ci troviamo e che ci circondano abbiano dei momenti di contatto in cui tutto è connesso. Penso sempre che al giorno d'oggi abbiamo perso quella "vista" che un tempo era molto più sviluppata quando si viveva a stretto contatto con la natura e dove le entità si manifestavano con più facilità perchè c'era chi aveva occhi per vedere ;) Forse è l'energia di ciò che è stato che rimane sulla Terra, forse è solo che niente scompare del tutto...anche le mie sono solo divagazioni :))

Ti mando un grande abbraccio!!
p.s. quest'anno rifanno il Trivia ma sempre a pagamento. So che ci sarà Romanazzi ma non so altro. Se ci vai fammi sapere :))

Canidia ha detto...

Grazie a entrambe per i bei commenti! :)
Pensando ai "cerchi", ho scritto il post di questa sera...

P.S.: per Elbereth: no, non credo che ci sarò: mi sono "inselvatica" parecchio su certi argomenti, nel corso dei due anni trascorsi. Ma noi dobbiamo trovare il modo di rivederci prima o poi! Anche con Anna! Un abbraccio forte e sincero. :)

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